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Dal 1981 l’ONU ha dichiarato il 3 Dicembre Giornata mondiale della disabilità. In Italia le persone disabili si stima siano circa 4,5 milioni, ma purtroppo come scrive sul Corriere della Sera Maria Giovanna Faiella “Il diritto delle persone con disabilità all’inclusione nella società è ancora un miraggio, nonostante la legge 104 del 1992 «per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» (allora ancora si chiamavano così) e la ratifica, otto anni fa, della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, che sancisce il loro diritto alla salute, allo studio, a muoversi liberamente, a partecipare alla vita sociale, lavorativa, culturale, a scegliere il proprio progetto di vita.” Altro dato allarmante è quello che i disturbi del neurosviluppo e dello spettro dell’autismo secondo l’Istituto Serafico di Assisi sono aumentati del 25% negli ultimi quattro anni.

Delle “Nuove frontiere delle disabilità intellettive e i disturbi del neurosviluppo” hanno discusso dal 28 al 30 novembre a Rom a medici, pazienti, scienziati, infermieri, logopedisti, un esercito di più di 1.000 persone riunite dall’ANFFAS per la chiusura dei festeggiamenti dei sessant’anni dalla sua fondazione. La tre giorni è stata aperta dalla presidente del Senato: “Le famiglie non vanno lasciate da sole- ha detto nel suo appassionato intervento Maria Elisabetta Alberti Casellati- lo Stato ha il dovere di garantire assistenza”.

Due sessioni plenarie e otto workshop tematici e poi laboratori e anche un concerto “hanno messo-come ha sottolineato il presidente dell’ANFFAS Roberto Speziale- tanta carne al fuoco e daranno senz’altro i loro frutti”.

La parola inclusione è stata tra le più citate, anche quella digitale. Intanto però, ci sono da segnalare i ripetuti episodi di bullismo e un esercito di 400.000 persone sulla soglia del “Dopo di noi” che sta aspettando la reale applicazione della legge. E poi, come la mettiamo con i disabili che a sessantacinque anni non vengono più inclusi in strutture diurne dedicate ma devono essere “passati” ai centri per anziani, perdendo riferimenti, amici insomma il loro mondo? (D.d’I.)